CAVALLO

ARALDICA

Il cavallo fu una delle insegne dei Romani prima del secondo consolato di Mario, insegna di Tiro e di Cartagine, dei Sassoni e dei Normanni, compare in araldica come emblema di magnanimità e di vittoria.

Allorchè è imbrigliato, accenna all’uomo di guerra sommesso ai voleri del capitano; se invece è passante e nudo (allegro) indica riposo dopo la fatica.

Se è d’ oro in campo d’ azzurro significa intrepidezza; rosso in oro guerrier generoso.

Pascente rappresenta immunità, esenzioni dalle imposte; di tal guisa si figurava sulle antiche medaglie di città.

Il cavallo nudo e corrente simboleggia la libertà, e se è nero la sollecitu­dine.

Nelle imprese il cavallo corrente è emblema di perseveranza; armato o sellato di coraggio e ardor guerriero; frenato con un nastro, d’ubbidienza; imbrigliato, d’amor che trattenuto s’ingagliardisce.

Il cavallo è una delle più nobili figure del blasone, e si trova di frequente, nelle armi tedesche e italiane.

Suoi at­tributi sono passante (non si blasona, perchè è la sua posizione ordinaria), animato, bardato, gualdrappato, corrente, allegro, cinghiato, imbrigliato, inalberato, spaventato, rinculato o assiso, rivoltato, sellato, reciso, pascente, galoppante, affrontato, nascente, forsennato, ecc.

Qualche volta si vede nello scudo la sola testa o la sola coda.

Quando il cavallo si presenta alato, lo si può blasonare con il nome della figura chimerica “Pegaso”.

Il “Pegaso”, secondo la favola, fece zampillare con un calcio la fontana d’Ippocrene presso Corinto, onde gli abi­tanti di questa città se ne fecero la loro insegna.

In araldica è emblema della fama, è posto fra le figure chimeriche, e si vede più frequentemente come cimiero o supporto che come figura caricante lo scudo.

Tocco di Napoli ha un Pegaso in cimiero, Fitzmaurice di Lansdowne in Inghilterra ne ha due per supporti.