AQUILA

ARALDICA

Re degli uccelli, compagno di Giove, custode della folgore, insegna temuta un tempo per tutto il mondo, nulla potea contendere all’aquila il primato sulle figure del blasone.

Era anticamente, come tutt’ora, il simbolo della maestà e della vittoria, della forza e del potere sovrano, sia monarchico, sia popolare, condotta nelle battaglie da Mario ed auspice delle campagne dei Cesari.

Dopo aver figurato sugli stendardi di Ciro divenne l’insegna dei Lacedomini, degli Epiroti e dell’Egitto sotto i Tolomei.

Si narra che a Romolo, mentre gettava le fondamenta della sua città, essendo apparsa un’aquila, i Romani la presero tra le loro insegne; più particolarmente poi quando gli Etruschi fecero ad essi omaggio di uno scettro sormontato da un’aquila d’avorio quale simbolo della sovranità cui si assoggettavano.

L’ aquila divenne la vera e principale insegna di Roma, allorchè Mario abolì tutte le altre per non conservare che questa, e lo fu definitivamente sotto gli Imperatori.

Nel Medio Evo l’aquila fu particolare emblema della dignità imperiale; e i re di Germania rivestiti di questa, la portarono successivamente sulle loro bandiere e sui loro scudi.

Ma allorchè essi, cercando un appoggio nei piccoli feudatari e proprietari di terre allodiali contro i grandi vassalli, cominciarono a tributar loro concessioni di titoli e di privilegi, l’aquila passò dallo scudo imperiale si gentilizii, conservandosi però per qualche tempo nera sul campo d’oro.

L’ambizione dei nobili e le vicende delle fazioni guelfa e ghibellina ampliarono l’uso di quella nobile figura, cangiandone gli smalti e la posizione a seconda del partito o delle proprie passioni, sicchè presto furono viste aquile d’ogni colore e d’ogni foggia figurare nei torneamenti e nelle battaglie.

E peggio fu allorchè avendo gli imperatori adottata l’aquila bicipite, ed alcune illustri famiglie essendo riuscite ad ottenerne il privilegio, la prima si moltiplicò grandemente, cessando però d’essere considerata qual concessione imperiale.

E’ ben vero che molti conservarono l’aquila semplice, come l’avevano ottenuta dall’ imperatore, ma questi furono pochi e presentemente si considera come imperiale la sola aquila bicipite di nero in campo d’ oro.

Delle altre, che coi diversi colori presero significazioni diverse, cercheremo di dichiarare qui l’interpretazione simbolica, che ci diedero il Ginanni e la maggior parte degli araldisti italiani e stranieri.

L’aquila d’oro in campo rosso servì a denotare un capitano abile e valoroso; l’aquila rossa in campo d’oro, denota generosità di pensiero indirizzato all’amore del vero, al rispetto della virtù e al culto del valore.

D’argento in campo d’azzurro rappresenta nobile e candido animo, che trionfando perdona, e trae a sè i cuori con la cortesia e con la clemenza; d’azzurro sull’argento pensieri sublimi di virtù e d’equità.

L’aquila d’oro in campo d’azzurro è emblema della fama conseguita per la virtù, e d’azzurro in campo d’oro dimostra giustizia di principe savio e accorto, intento alla conservazione dei suoi dominii.

Se l’aquila è d’argento sul fondo rosso, essa è simbolo di libertà e d’indipendenza; se al contrario è rossa in argento lo è della prodezza accompagnata dalla pietà.

Quando è d’oro in campo, verde, o verde in campo d’oro vale speranza cristiana.

Esempio rarissimo è l’aquila d’oro sul nero, la quale egualmente che quella di nero in campo d’oro è geroglifico di valore e di intrepidezza.

D’argento sul verde, o viceversa indica costanza, ma tal figura è poco usata.

Al contrario, usatissima, è l’aquila nera in campo argenteo, simbolo di principe prudente e saggio che pone a prova la fede dei suoi ministri.

L’aquila d’argento in campo nero, molto in voga nei torneamenti del Medio Evo, ma ora quasi obliata, si traduceva in desiderio di fama unito ad un sentimento di mestizia ed anche noncuranza dei pericoli dell’armi, cagionata da un abbandono in amore.

Le aquile di metallo sopra metallo, o di colore sopra colore indicano un’eroica intrapresa, un fatto memorando, seppure l’arma che ne è fregiata non è irregolare o falsa.

Quelle di porpora o di qualsiasi smalto sopra il porpora, rarissime, denotano prudenza; quelle poste al naturale desiderio di libertà, e finalmente quello d’armellino, di vajo e d’altre pezze blasoniche furono puramente dettate dal capriccio e inventate a caso, per cui non sono che un semplice distintivo di schiatta e non hanno significato simbolico.

In generale però, l’aquila é emblema di nobiltà di natali, forza, potenza, grandezza d’animo, vittoria, valore, prudenza, strategia, gloria, monarchia o dignità ereditaria trasferita ad un solo.

Se l’aquila é spiegata, denota desiderio sublime, elevatezza di pensieri disprezzo di basse cose, ecc.

L’aquila dal volo abbassato, piegato o chiuso indica spesso prudenza o rassegnazione; spiegante o sorante slancio sublime, meditazione di grande intrapresa; nascente, desiderio di gloria; volante, chiarezza di fama, a cui parrebbe alludere il verso di Dante:

“Che sopra ogn’altro com’aquila vola.”